Capitale europea del volontariato, grande occasione

Dal Corriere del Trentino del 17 dicembre 2023

DALLA PRIMA: Oltre 6.500 ornizzazioni non profit a livello provinciale, 722 associazioni di promozione sociale, ventimila persone impegnate. Signore e signori, ecco a voi il volontariato trentino. Questi numeri non hanno certo bisogno di essere accompagnati con tanti ragionamenti. Certificano ciò che da tempo questa terra esprime in fatto di aiuto agli altri. Scandire tali cifre in rapida successione fa un certo effetto.

Bello allora che il 3 febbraio Trento diventi per un anno la capitale europea del volontariato. Prestigioso mostrare per dodici mesi i gioielli di famiglia. Devono però essere gli altri a venire a sceglierci, a dirci quanto siamo bravi, quanto siamo efficienti, quanto siamo professionali. Noi facciamo invece fatica a renderci conto di quanto sia importante il volontariato. Siamo più propensi a evidenziare sempre gli aspetti negativi, a puntualizzare, a polemizzare. Tanto le cose che funzionano non hanno necessità di avere un palcoscenico. Eppure ascoltare le storie di coloro che hanno scelto di investire parte del proprio tempo nello sport, nel sociale, nella sanità, nel turismo e in qualsiasi altra forma che abbia come meta l’esserci per gli altri, ci aiuterebbe a dare nulla per scontato, toccando con mano la ricchezza di cui disponiamo. La nomina a capitale europea del volontariato deve quindi essere vissuta, prima di tutto, con orgoglio.

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Questa piccola provincia sa esportare vino, mele, innovazione, ma anche solidarietà. Ciò che prenderà avvio il 3 febbraio alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella speriamo sappia andare oltre la patina della festa. Il rischio che si annida spesso dietro a simili appuntamenti è di immergersi un po’ troppo nell’autocelebrazione. Il programma allestito sembra fortunatamente scongiurare tutto ciò. Il volontariato trentino — e quello che lo circonda — avrà quindi una ghiotta possibilità: sfruttare questa sovraesposizione — anche mediatica — per rafforzare la propria organizzazione. Una sorta di rinascita dopo l’ondata pandemica che ha intaccato, qui come altrove, il tessuto associativo. Il Trentino ha però avuto la forza, potendo contare su un motore già ben oliato, di risalire la china. Nel suo complesso lo stato di salute del volontariato provinciale, come spiegato da Giorgio Casagranda che ne detiene la regia, è buono.

Questa vantaggiosa condizione potrà aiutare a mettere sotto i riflettori due questioni che si stanno affacciando in maniera decisa. La prima chiama in causa il ricambio generazionale. Si devono, insomma, coinvolgere ancora di più i giovani che rappresentano la necessaria continuità. Bisogna andare a prenderli, raccontando che esiste anche un mondo reale e non solo virtuale. E che questo mondo popolato da tante vite quotidiane a volte è bello, altre meno. E nel meno c’è chi arranca e tende una mano alla ricerca di un sostegno. La seconda questione riguarda la burocrazia, il nemico dichiarato di chi fa volontariato. Troppi i lacci, troppe le paure di finire in tribunale. Il volontariato deve sottostare alle regole, ma queste non possono diventare un freno. Se per fare funzionare le cose si devono spendere soldi in consulenze fiscali o legali significa che siamo al punto di non ritorno. Vestire allora i panni di capitale europea del volontariato può servire per aprire nuovi scenari, alzare l’attenzione, svegliare gli amministratori. Non è poco.

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